Il mondo attraversa una nuova crisi e il settore pubblicitario deve reinventarsi per affrontare la clausura economica, almeno fino a maggio. E oltre.
Il mercato nazionale ha reagito negativamente al blocco delle prime zone rosse, poi con l’annuncio della quarantena di massa, aziende e consumatori hanno forzatamente chiuso i battenti ritirandosi in quello che si potrebbe definire un “letargo a norma di legge”. Eppure la pubblicità continua a vivere, annaspando di fronte alla crescente sfiducia della clientela, cercando di fiorire su un terreno ancora troppo arido. E così nascono nuove forme di comunicazione, più pure, cariche di emotività, rivolte tanto alla visibilità del brand quanto al sostegno della collettività.
La comunicazione ha cambiato rotta, ma solo perché gli utenti hanno modificato il proprio stile di vita.
Spesso si dimentica che esiste un legame indissolubile fra messaggio pubblicitario e abitudini sociali del consumatore. Non si dovrebbe mai ideare una campagna pubblicitaria senza considerare con attenzione l’habitat culturale in cui si sta per agire.
In questo momento la vita sociale è ampiamente condizionata da direttive governative volte al distanziamento sociale. Ogni brand deve chiedersi se sia il caso di continuare a diffondere messaggi pubblicitari basati sulla vicinanza delle persone care, sul mangiare fuori a cena, sull’acquisto di un volo per le Maldive e così via. Insomma, promuovere elementi di vita quotidiana in un contesto di distacco sociale può portare a un effetto positivo sulle vendite?
Non esiste una risposta corretta in assoluto.
L’unico consiglio è di rimanere fedeli ai propri valori e al proprio target tenendo conto dell’emergenza in corso.
Tuttavia una ricerca realizzata da Conic e Hokuto ha interrogato 800 spettatori televisivi sulle sensazioni trasmesse dalla pubblicità in una condizione di quarantena. La maggior parte degli intervistati ammette di divertirsi guardando la pubblicità: il 13% molto, il 43% abbastanza, il 33% poco e solo l’11% per nulla. I telespettatori ritengono che la comunicazione non dovrebbe insinuare messaggi inerenti l’emergenza covid-19, ma anzi promuovere scene di vita collettiva e situazioni di routine quotidiana. Le limitazioni imposte dal contenimento sanitario saranno sicuramente temporanee e gli utenti vedono con positività “scene di normalità” che presto torneranno a vivere.
Più in lockdown si integra con la quotidianità, più i grandi brand abbandonano il sogno del “ritorno agli abbracci”, scegliendo piuttosto e spesso con successo, campagne di sensibilizzazione collettiva.
Lo spot di Poltronesofà è esemplare nel connubio fra carica emotiva e ironia. Il brand dei divani aveva interrotto tutte le uscite pubblicitarie allo scoppiare dell’emergenza, ma in aprile ha prodotto un nuovo spot spiegando come il lavoro continui anche da casa.
La voce narrante recita quanto segue:
«in questi giorni siamo fermi, come voi, ma non certo con le mani in mano. Sì, abbiamo tutto il tempo di cucinare, ma il tempo è sacro. Con le nostre mani continuiamo a progettare, creare, disegnare nuove forme di piacere, ritagliare nuovi scampoli di futuro, immaginare nuovi stili di vita.
Oggi il coraggio e l’orgoglio di essere italiani si dimostra così, prendendo il futuro nelle nostre mani. Restiamo a casa, certo, ma siamo più attivi che mai. Solo così possiamo aiutare l’Italia a rialzarsi presto… dal divano».
La vita è come uno specchio: ti sorride se la guardi sorridendo. Poltronesofà ce lo ricorda anche in questi tempi bui.