La pandemia ha scosso anche il mondo dei media advertising
Tutto il mondo soffre la stessa emergenza sanitaria, l’identico smarrimento sociale. Il settore pubblicitario italiano segue il sentimento dei consumatori ed è crollato al -29%.
Gennaio e febbraio di quest’anno ingranavano bene rispetto al 2019 con un aumento del 4,7%. Poi, i primi contagi. Inizia la quarantena. La tendenza positiva del 2020 si arresta. Se la crisi sanitaria colpisce indiscriminatamente popoli, aziende e governi così non è per gli effetti lesivi del lockdown che per alcuni editori ha causato blocchi pubblicitari del 100%. Nessuno si salva, il settore televisivo cala del 30,9%, i quotidiani del 34,1%, la radio del 41,6%. La pubblicità dei cinema, che a marzo 2019 guadagnava 2,4 milioni, va a zero. La perdita complessiva, a marzo, è impressionante: 243 milioni di euro.
La pubblicità europea risente, come nel caso italiano, degli shock sociali.
I cugini europei mostrano lo stesso andamento negativo, ma un passo completamente diverso. L’orizzonte degli eventi, quella linea oltre la quale è impossibile fuggire, è sempre la stessa: la data del lockdown. Nessun paese, infatti, riesce a bloccare i picchi negativi di marzo, ma se Spagna, Italia e Francia soffrono un -29%, l’Olanda scende solo del 15%, la Germania del 6%. Misure restrittive meno rigide, un terrorismo mediatico più equilibrato (controllato), aiuti statali reattivi alle difficoltà delle aziende, la macchina nordeuropea ha funzionato meglio rispetto a quella italiana (in generale degli stati mediterranei) e di riflesso anche il sentimento sociale si è adattato al grado di efficienza dei rispettivi governi.
“Lasciate ogni speranza, o voi che entrate” nel lockdown. Ora che ne siamo usciti, abbiamo recuperato la positività abbandonata?
“La prognosi è riservata. Siamo appena usciti dalla terapia intensiva. È difficile capire oggi quando guarirà il paziente”. Si esprime così il presidente di Upa, Lorenzo Sassoli de Bianchi. E aprile conferma l’incertezza del mercato, segnando l’azzeramento pressoché totale dell’investimento pubblicitario. Ma i primi raggi di sole arrivano il 17 maggio: gli spazi televisivi tornano ad affollarsi (+14%), la radio, in forte depressione ad aprile, vola al +50%.
C’è una luce in fondo al tunnel. Sperando che il peggio sia passato, non bisogna abbassare la guardia.
“Il silenzio indebolisce le marche e le marche sono il motore dell’Italia che riparte” continua il presidente di Upa. “Ora bisogna resistere, la ripresa vera sarà nel 2021 e arriverà, comunque, quando torneranno a crescere i consumi”.
Un 2020 che non smette di preoccupare, e che risente, a distanza, della distorsione economica causata dal lockdown. L’annullamento di eventi a forte impatto mediatico, come il salone del mobile e gli europei, aumenta lo iato fra domanda e offerta pubblicitaria. Un divario che si vorrebbe ricucire attraverso politiche commerciali di forte sconto (specialmente nel settore televisivo).
Secondo lo studio Nielsen, il 2020 chiuderà con un netto calo della raccolta pubblicitaria. “Il calo sarà certamente a due cifre, ma decisamente inferiore al 20%” spiega Alberto Dal Sasso, managing director di Nielsen, ricordando, però, “l’altissima correlazione fra grado di diffusione del virus e flessione della pubblicità”.
Com’era prevedibile, ora che il pericolo del virus sembra lontano, sono i sentimenti di questi ultimi mesi a frenare la ripresa.
Ma la pandemia ha anche stimolato un profondo cambiamento nella comunicazione.
In questa situazione i principali inserzionisti hanno puntato su una nuova comunicazione, messaggi per rafforzare i valori del proprio brand, finalizzati a mantenere un contatto emotivo con i consumatori, ma anche un vettore di sicurezza, di fiducia e di ottimismo, per attraversare il momento di incertezza.
Questi aspetti, uniti alla tendenza alla crescita della pubblicità su alcuni media (come la TV e, ancor più, la Radio, rilevati dalla seconda metà di maggio) sono un positivo auspicio verso il ritorno alla normalità perduta, presupposto indispensabile per la ripresa dello sviluppo economico e sociale della nostra bella Italia.